L’acqua in Italia in un clima che cambia: la disponibilità idrica può ridursi dal 40% al 90%
L’Italia, terza in Europa per disponibilità d’acqua, è però il Paese con i più alti livelli di stress idrico.
Fenomeni opposti ma, allo stesso tempo, facce della stessa medaglia, la recente alluvione che ha devastato l’Emilia-Romagna e i lunghi periodi di siccità che colpiscono sempre più frequentemente diverse aree del Paese hanno reso ancora più evidente come il tema dell’acqua sia centrale nel nuovo contesto determinato dalla crisi climatica e sottolineato la necessità di agire prontamente per fronteggiare l’aggravamento di eventi estremi, ormai sempre più frequenti e tangibili, che non riguardano solo un lontano futuro ma anche il presente.
Se ne è discusso a Roma, nel corso della 4° Conferenza Nazionale sul Clima promossa da Italy For Climate con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Commissione Europea e di Rai per la Sostenibilità, durante la quale esperti, rappresentanti delle imprese e delle Istituzioni hanno analizzato l’impatto di questi eventi sull’ambiente, l’economia e il benessere delle persone, alla luce dei dati emersi dal Dossier Troppa o troppo poca? L’acqua in Italia, in un clima che cambia, presentato nel corso della Conferenza.
I punti principali del Dossier, pubblicato per la prima volta in Italia
L’Italia gode storicamente di una buona disponibilità di acque: è ancora terza in Europa per disponibilità della risorsa idrica (dietro solo a Francia e Svezia), con circa 130 miliardi di m3 disponibili ogni anno. Tuttavia, questo valore si è ridotto del 20% negli ultimi decenni: se non arresteremo il riscaldamento globale, la causa principale della riduzione di acqua, la disponibilità potrebbe arrivare a ridursi in breve tempo del 40%, con punte del 90% in alcune aree del Meridione.
Noncuranti del fatto che siamo il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico, manteniamo i livelli record di prelievo di acqua in Europa: con quasi 40 miliardi di m3 all’anno l’Italia è prima e preleva più del 30% della disponibilità idrica annua: stiamo quindi intaccando il nostro patrimonio idrico e mettendo in pericolo gli ecosistemi.
L’acqua prelevata in Italia viene destinata per il 41% all’agricoltura, il 24% ad usi civili, il 20% all‘industria e il 15% alla produzione di energia elettrica. Siamo il secondo paese europeo per prelievi destinati all’agricoltura (dopo la Spagna) ma non sono state attivate procedure avanzate di contabilizzazione degli usi agricoli e non stiamo migliorando la nostra performance.
L’Italia vanta anche il triste record europeo di acqua prelevata per usi civili: con 9 miliardi di m2 ogni anno (e +70% rispetto al 2000). Ciò è dovuto sicuramente all’alto livello di perdite della rete idrica nazionale (che sono in continua crescita e hanno superato il 40%), ma anche ad una scarsa abitudine alla riduzione degli sprechi: un italiano consuma 220 litri di acqua, il doppio dell’acqua consumata da un cittadino medio europeo. L’Italia è anche il primo paese Europeo per utilizzo di acqua in industria: 4 volte più della Germania e 8 volte più della Francia.
A livello globale siamo entrati in una fase di «anormalità climatica permanente» che ha già modificato il ciclo dell’acqua aumentando la frequenza e l’intensità di eventi meteoclimatici estremi. L’incidenza della crisi climatica e del riscaldamento globale sta portando effetti devastanti: in vent’anni i ghiacciai alpini in Italia hanno perso in media 25 metri di spessore, oltre 50 miliardi di m3 di ghiaccio. Secondo il Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, se le temperature continueranno ad aumentare nessuna delle stazioni sciistiche del Friuli Venezia-Giulia avrebbe a breve una copertura nevosa naturale sufficiente a garantire la stagione e lo stesso accadrebbe ad un terzo delle stazioni in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Piemonte.
La crisi climatica, oltre ai danni provocati dal riscaldamento e dall’aumento medio delle temperature, provoca anche l’aumento dell’intensità e della frequenza di precipitazioni eccezionali, come quello recente dell’Emilia Romagna: in Italia i fenomeni a carattere eccezionale sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni, fino a superare nel 2022 per la prima volta il valore record di 2.000 episodi all’anno: un italiano su cinque risiede in aree potenzialmente allagabili, mentre sono minacciate da pericolosità idraulica medio-alta 6,9 milioni di persone, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici. Le Regioni a maggior rischio di alluvione in Italia sono l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto e Calabria e da Friuli-Venezia-Giulia, Toscana e Lombardia. In quasi tutte queste Regioni il livello di cementificazione del territorio è molto alto.