Il Ministero della Transizione Ecologica accorperà il Dicastero dell'Ambiente e dello Sviluppo
Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia ricevute da Mario Draghi, confermano l'intenzione del Presidente del Consiglio incaricato di creare il Ministero della transizione ecologica che metterà al centro i temi ambientali. Il commento delle Associazioni: "L’incontro è stato un segnale importante sulla centralità delle politiche ambientali e climatiche. Ora serve allineare il Recovery Plan italiano al Green Deal europeo con obiettivi più ambiziosi, una nuova stagione di semplificazioni, partecipazione territoriale e controlli efficaci".
Per rendere l’Italia più competitiva e sostenibile e per accelerare la transizione ecologica, serve spendere bene le risorse stanziate dall’Europa e individuare al meglio i progetti su cui lavorare, ma è importante anche aprire ad una nuova stagione di riforme trasversali, partecipazione dei cittadini e condivisione territoriale. In primis servono una visione coraggiosa e obiettivi coerenti, con più semplificazioni sull’economia verde, coniugate con controlli pubblici più efficaci, un’organizzazione burocratica competente, aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, un maggiore coinvolgimento dei cittadini anche con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde. Si tratta di riforme necessarie per garantire qualità dei progetti, velocità della spesa e certezza del rispetto delle regole e che urge al più presto mettere in campo.
All’incontro – a cui hanno partecipato per Greenpeace Italia il presidente Ivan Novelli e il direttore esecutivo Giuseppe Onufrio, per Legambiente il presidente nazionale Stefano Ciafani e il direttore generale Giorgio Zampetti, per il WWF Italia la presidente Donatella Bianchi e il vicepresidente Dante Caserta – sono state approfonditi alcuni temi specifici, dallo sviluppo delle rinnovabili all’economia circolare, dalla mobilità sostenibile all’innovazione industriale, dall’agroecologia alle aree protette.
Lotta alla crisi climatica: sulla lotta alla crisi climatica alla luce dei nuovi obiettivi europei di riduzione delle emissioni di CO2 che alzano gli obiettivi di riduzione dal 40% al 55% entro il 2030 è fondamentale rivedere il Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) e definire nuovi target, molto più ambiziosi, sulle rinnovabili. Il necessario innalzamento degli obiettivi implica una forte crescita del contributo del fotovoltaico e dell’eolico, e dunque la necessità di ripianificare gli interventi previsti sulla rete elettrica e sugli accumuli per lo stoccaggio dell’elettricità. Per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 è però necessario sbloccare il settore delle rinnovabili, la cui velocità di espansione deve crescere di 5-6 volte rispetto alla situazione attuale, con misure di semplificazione e accelerazione delle procedure autorizzative dei nuovi impianti, per i rifacimenti degli impianti esistenti, in particolare per l’eolico, promuovendo anche lo sviluppo dell’eolico offshore, specie di quello galleggiante, e dell’agrivoltaico che garantisce la convivenza tra produzione agricola ed energia solare. Oltre alla necessaria approvazione del Piano nazionale di adattamento climatico è anche necessario procedere celermente ad una riforma fiscale in senso ambientale, che preveda in primis l’eliminazione graduale dei sussidi ambientalmente dannosi, garantendo una giusta transizione alle categorie produttive e ai lavoratori oggi impegnati sul fronte delle fossili.
Economia circolare: per fronteggiare la strutturale carenza di materie prime e diffondere su tutto il territorio nazionale le esperienze uniche nel panorama mondiale che il nostro Paese può vantare, è fondamentale sviluppare al massimo tutte le potenzialità dell’economia circolare, con la creazione di un Fondo che serva a finanziare prioritariamente progetti che riguardano i flussi di materiali e le azioni indicate nel nuovo Piano europeo per l’economia circolare dell’11 marzo 2020 con particolare riguardo agli interventi dedicati alla simbiosi industriale, al riciclo chimico, al riciclaggio dei rifiuti, all’attivazione di sistemi di riutilizzo di prodotti a quelli che producono compost e biometano, perché per tendere all’opzione “rifiuti zero” a smaltimento realizzando anche impianti con cui recuperare materia e produrre energia rinnovabile.
Mobilità sostenibile: la mobilità nelle città deve ripartire da un forte impulso al trasporto pubblico moderno, puntuale e a emissioni zero, alla realizzazione di spazi esclusivi e sicuri per chi si sposta in bici o sui mezzi della micromobilità elettrica, alla diffusione delle colonnine di ricarica e delle auto elettriche, dando priorità all’accesso alla nuova mobilità nelle periferie. In quella extraurbana va sostenuta una massiccia “cura del ferro”, che permetta a milioni di pendolari di muoversi in modo civile su treni nuovi, frequenti e puntuali, e alle merci di spostarsi nel Paese passando dal mare alle città, scendendo dalle navi porta container e salendo su treni che le fanno arrivare nei centri urbani senza viaggiare su un Tir, per poi essere distribuite nelle città con mezzi elettrici. I porti vanno dotati di banchine elettrificate per liberare dallo smog le comunità che lavorano all’interno e quelle che vivono a ridosso delle aree portuali.
Vertenze ambientali: Le risorse europee vanno investite anche per promuovere una giusta transizione in quei territori al centro di vertenze ambientali e occupazionali molto pesanti (come, ad esempio, Taranto, Brindisi, il Sulcis, Gela e il siracusano) o dove sono attive ancora oggi le centrali a carbone da chiudere entro il 2025, senza sostituirle con impianti a gas. Per la riconversione dell’industria caratterizzata da produzioni e prodotti inquinanti è fondamentale promuovere l’innovazione tecnologica con cicli produttivi che riducono l’uso delle risorse e praticano esperienze di simbiosi industriale, con la costruzione di impianti della bioeconomia e della chimica verde completamente integrati alle produzioni agroalimentari del territorio, con progetti per la decarbonizzazione degli impianti siderurgici (a partire dall’ex Ilva di Taranto) e della filiera degli idrocarburi attraverso la produzione e l’uso di idrogeno verde, identificando i settori in cui è utile e necessario, con adeguate misure di accompagnamento al lavoro.
Capitale naturale italiano: nel progetto per ricostruire l’Italia sono necessari una strategia strutturata e progetti in grado di tutelare e ricostituire il capitale naturale italiano. All’Italia serve un piano più coerente con gli obiettivi del Green Deal, un PNRR che introduca anche obiettivi concreti e misurabili per la conservazione della biodiversità, a cominciare dall’implementazione del sistema delle Aree Protette ad almeno il 30% della superficie terrestre e marina entro il 2030 e da progetti di ripristino degli ecosistemi naturali che nel piano non hanno trovato spazio, come anche la gestione forestale sostenibile del patrimonio verde più importante del Paese. Inoltre, nel piano serve un focus dedicato al mare e alla blue economy, fonte di ricchezza economica oltre che elemento fortemente caratterizzante della bellezza che tutto il mondo invidia al nostro Paese. Occorre puntare con forza sulla tutela del nostro patrimonio naturale, asset fondamentale per la salute, la sicurezza, il benessere e il rilancio del nostro Paese (che vanta una delle più ricche biodiversità d’Europa), nonché elemento centrale del Green Deal europeo e della Strategia Europea sulla Biodiversità che soprattutto per il restauro degli ambienti marini può favorire la crescita delle aziende Hi-Tech e creare lavoro nel mezzogiorno.
Occorre superare la logica della sommatoria di progetti, vecchi e nuovi, che non abbia quel respiro sistematico e quella ambizione che faccia compiere un salto di qualità al Paese nella sua capacità nell’affrontare in futuro le sfide dettate dalle emergenze ambientale e sanitaria, condizionate in maniera determinante dai cambiamenti climatici e dalla perdita di biodiversità. Senza cogliere la necessità di un piano strutturato di tutela e ricostruzione dei nostri ambienti naturali, non si coglie a pieno il senso del programma Next Generation UE che porta nel nome il proprio obiettivo: agire oggi per costruire un futuro più sano, più sicuro e più sostenibile per le nuove generazioni.
Agricoltura: sull’agricoltura è fondamentale puntare sull’incremento del biologico o sulla promozione dell’agroecologia per limitare l’uso di prodotti agro-chimici, il consumo di plastica, acqua e fonti fossili, e sulla riduzione delle emissioni agricole e zootecniche seguendo quanto previsto dalle strategie europee Farm to Fork e Biodiversità al 2030. Per raggiungere questi obiettivi occorre utilizzare le risorse della PAC in modo diverso da quanto fatto fino ad oggi, impiegandole per qualificare in senso ambientale l’agricoltura e per far diventare gli imprenditori agricoli co-protagonisti della rivoluzione circolare e rinnovabile al centro delle politiche europee.