Acqua e elettricità, alleate contro il cambiamento climatico
Uno studio di Althesys e Enel Foundation evidenzia le possibili sinergie per la sostenibilità tra il settore elettrico e idrico che potrebbero portare un contributo di quasi 6 twh annui di energia e al recupero di disponibilità di acqua di circa 3 miliardi di mc; dalle rinnovabili un risparmio di 1,6 miliardi di metri cubi d’acqua. Le opportunità del Recovery Fund per 6,4 miliardi di euro di investimenti.
Fenomeni meteorologici estremi, come i lunghi periodi di siccità estivi e le ricorrenti alluvioni, rendono sempre più evidente l’impatto del cambiamento climatico sulle risorse idriche ed energetiche nel nostro Paese. Da una migliore gestione congiunta di energia e acqua in Italia si potrebbero ottenere 5,9 TWh annui di elettricità aggiuntiva e una disponibilità d’acqua di circa 2,8 miliardi di metri cubi in più, pari al 20% del volume delle grandi dighe italiane. Il raggiungimento di questi obiettivi significherebbe ulteriori investimenti per circa 6,4 miliardi di euro, che potrebberofar parte a pieno titolo del Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza in corso di definizione per accedere al Recovery Fund, del quale il 37% andrà usato per attuare il Green New Deal.
Sono alcune delle principali evidenze dello studio “Energy for water sustainability. Sviluppare le sinergie elettrico-idrico per la sostenibilità”, il primo in Italia che stima i potenziali benefici che si avrebbero da una gestione congiunta delle due risorse. Condotto da Althesys con Enel Foundation, il lavoro è stato presentato nel corso di un webinar. La ricerca ha approfondito l’evoluzione del water-energy nexus con le criticità e le opportunità che prospetta, allo scopo di avanzare proposte per raggiungere obiettivi di sostenibilità e di sicurezza delle forniture in un mondo sottoposto a una pressione continua derivante dalla progressiva riduzione delle disponibilità idriche a fronte di un aumento dei consumi energetici.
Lo studio è stato presentato da Alessandro Marangoni, ceo di Althesys Strategic Consultants e da Giuseppe Montesano, Vicedirettore Enel Foundation. All’incontro hanno partecipato anche Stefano Besseghini, presidente di Arera; Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia, Stefano Masini, Responsabile Area Territorio e Ambiente di Coldiretti; Carlo Tamburi, Direttore Italia del Gruppo Enel; Francesco Vincenzi, presidente di ANBI; Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.
“Lo studio condotto con Althesys conferma come la transizione in atto verso un modello energetico più sostenibile possa generare valore e opportunità – commenta Giuseppe Montesano, Vicedirettore Enel Foundation – con ricadute positive che vanno ben oltre il settore. In particolare, lo sviluppo delle rinnovabili e di soluzioni innovative in grado di aumentare l’efficienza dell’utilizzo della risorsa idrica possono contribuire significativamente al water saving e alla tutela del territorio, all’interno del più ampio impegno per contrastare il cambiamento climatico”.
“Le risposte al crescente impatto di situazioni di stress idrico connesse al cambiamento climatico – spiega Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e a capo del team di ricerca – possono essere molteplici e articolate, ma richiedono interventi su orizzonti temporali sufficientemente ampi e investimenti consistenti. Avrebbero però importanti ricadute economiche e occupazionali, contribuendo al contempo a migliorare l’ambiente, la sicurezza del territorio e la qualità della vita dei cittadini. Sono necessarie politiche proattive che, attraverso soluzioni win-win, coinvolgano in modo coordinato i vari settori, energia, industria, agricoltura, utility, nell’ottica dell’uso plurimo della risorsa”.
I benefici derivanti da un uso plurimo dell’acqua, rileva la ricerca, non sarebbero solo di natura ambientale, ma avrebbero anche effetti positivi sul sistema economico ed energetico. L’industria elettrica, ad esempio, potrebbe offrire un forte contributo investendo nel rinnovamento dell’idroelettrico; altre rinnovabili, come eolico e solare - che contribuiscono alla water footprintin misura nettamente inferiore rispetto ad altre fonti - potrebbero portare in Europa ad una riduzione dei consumi d’acqua fino a 1,6 miliardi di metri cubi, equivalenti ai consumi annui di una nazione come la Germania.
Per raggiungere la supply security, lo studio suggerisce un articolato insieme di proposte di policy, tra le quali si ricordano l’ultimazione delle opere incompiute, il rinnovamento dei grandi bacini idroelettrici, l’avvio del Piano Invasi, il ricorso agli accumuli a pompaggio, gli impianti di desalinizzazione e le vasche di laminazione.
Completare le opere incompiute ancora presenti nel nostro Paese significa contribuire ad una produzione elettrica addizionale di quasi 30 GWh annui, con una disponibilità idrica aggiuntiva di circa 850 milioni di metri cubi. Per il rinnovamento dei grandi bacini idroelettrici, viene stimato in circa 4 TWh l’apporto aggiuntivo e in 900 milioni di metri cubi quello alla sicurezza idrica.
L’avvio del Piano Invasi può costituire un tassello importante,già finanziato con 250 milioni di euro per 30 interventi individuati nel periodo 2018-22. L’obiettivo è andare nella direzione di un Piano nazionale di piccoli e medi invasi di ben più ampia portata, che comporterebbe 20 miliardi di euro di investimenti stimati nel corso di 20 anni. Gli accumuli a pompaggio sono invece una delle possibili soluzioni individuate nel PNIEC, con un’attenzione particolare sulla possibilità di riconvertire infrastrutture già esistenti nel Centro-Sud. Gli impianti di desalinizzazione prevedono investimenti in grado di fronteggiare la scarsità idrica, in particolare con impianti nelle isole minori abbinati a installazioni di generazione elettrica da rinnovabili. Il ricorso a vasche di laminazione e altri bacini eviterebbe invece allagamenti e inondazioni anche nei centri urbani.
Lo studio segnala tuttavia la necessità di accelerare gli iter autorizzativi per poter cogliere queste opportunità: procedure e tempistiche di permitting delle opere troppo dilatate ritardano infatti la loro realizzazione. Sono pertanto necessari percorsi facilitati con tempi certi, “fast track”, per attuare efficacemente molti degli interventi, in particolare quelli su opere esistenti, per le quali sono già state svolte in passato valutazioni di impatto ambientale e procedure