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Economia circolare: Italia ancora prima, ma perde punti

Presentati i dati del secondo rapporto del CEN, Circular Economy Network: l’Italia è ancora prima nella classifica che considera lo stato dell’economia circolare in Europa. 

Economia circolare: Italia ancora prima, ma perde punti

Per definire lo stato dell’economia circolare sono stati considerati i cinque settori del Piano europeo per l’economia circolare presentato nel 2015: produzione, consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde e innovazione e investimenti. Per ciascuno di questi settori è stato individuato un set di indicatori, sulla base dei quali è stato attribuito un punteggio e realizzata una comparazione fra le cinque principali economie dell’Unione Europea: Germania, Francia, Italia, Spagna e Polonia che, con l’uscita del Regno Unito dall’UE, risulta la 5° economia dell’Unione Europea. La sostituzione del Regno Unito con la Polonia ha reso necessario ricalcolare l’indice 2019 in modo da avere dati confrontabili tra loro.

Sommando i punteggi di ogni settore, si ottiene “l’indice complessivo di circolarità” che nel 2020 conferma, come nel 2019, la prima posizione dell’Italia, indicata con 100 punti, seguita dalla Germania a 89, dalla Francia a 88, dalla Polonia a 72 e dalla Spagna a 71.

Le performance nazionali di circolarità nel settore della produzione si confermano le migliori rispetto alle altre 4 principali economie europee. L’Italia, con un punteggio stabile rispetto al 2019, mantiene il primo posto anche nel 2020 con uno stacco di dieci punti dalla Germania che si posiziona al secondo posto.  Ma stiamo perdendo posizioni: a minacciare un primato che è anche un asset per la nostra economia è la crescita veloce di Francia e Polonia, che migliorano la loro performance con, rispettivamente, più 7 e più 2 punti di tasso di circolarità nell’ultimo anno, mentre l’Italia segna il passo.

Ogni abitante della Terra utilizza più di 11.000 chili di materiali all’anno. Un terzo si trasforma in breve tempo in rifiuto e finisce per lo più in discarica; solo un altro terzo è ancora in uso dopo appena 12 mesi. Il consumo di materiali cresce a un ritmo doppio di quello della popolazione mondiale. Per uscire da quella che viene chiamata economia estrattivista - e che è responsabile di buona parte della crisi climatica e ambientale, a cominciare dall’invasione dell’usa e getta - la soluzione è ormai nota e si chiama economia circolare: materiali e anche oggetti che possono essere riciclati e riutilizzati più e più volte. È quanto emerge dal “Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia” 2020, realizzato dal CEN-Circular Economy Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da 14 aziende e associazioni di impresa, e da ENEA. Il Rapporto è stato presentato in streaming dal presidente CEN Edo Ronchi e dal direttore del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali ENEA Roberto Morabito.

“Nell’economia circolare, l’Italia è partita con il piede giusto e ancora oggi si conferma tra i Paesi con maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia”, commenta Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “Sotto il profilo del lavoro, siamo secondi solo alla Germania, con 517.000 occupati contro 659.000. Percentualmente le persone che nel nostro Paese vengono impiegate nei settori ‘circolari’ sono il 2,06% del totale, valore superiore alla media UE 28 che è dell’1,7%. Ma oggi registriamo segnali di un rallentamento, precedente anche alla crisi del coronavirus, mentre altri Paesi si sono messi a correre: in Italia gli occupati nell’economia circolare tra il 2008 e il 2017 sono diminuiti dell’1%. È un paradosso che, proprio ora che l’Europa ha varato il pacchetto di misure per lo sviluppo dell’economia circolare, il nostro Paese non riesca a far crescere questi numeri”.

L’Italia di fatto utilizza al meglio le scarse risorse destinate all’avanzamento tecnologico e ha un buon indice di efficienza (per ogni chilo di risorsa consumata si generano 3,5 euro di Pil, contro una media europea di 2,24). Ma è penalizzata dalla scarsità degli investimenti - che si traduce in carenza di ecoinnovazione (siamo all’ultimo posto per brevetti) - e dalle criticità sul fronte normativo: mancano ancora la Strategia nazionale e il Piano di azione per l’economia circolare, due strumenti che potrebbero servire al Paese anche per avviare un percorso di uscita dai danni economici e sociali prodotti dall’epidemia del coronavirus ancora in corso. 

“Il Rapporto che presentiamo conferma come l’Italia sia ai primi posti tra le grandi economie europee in molto settori dell’economia circolare”, evidenzia Roberto Morabito Direttore del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali di ENEA. “Tuttavia, l’andamento temporale degli indicatori mostra purtroppo un peggioramento per il nostro Paese. Stiamo pericolosamente rallentando e se continuiamo così corriamo il rischio di essere presto superati dagli altri Paesi, che invece nel frattempo stanno accelerando. Serve un intervento sistemico con la realizzazione di infrastrutture e impianti, con maggiori investimenti nell’innovazione e, soprattutto, con strumenti di governance efficaci, quali l’Agenzia Nazionale per l’Economia Circolare”.


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