Utilitalia presenta lo studio 'I rifiuti speciali e la competitività del sistema delle imprese'
1,3 miliardi di euro: tanto è stato l’aumento dei costi di smaltimento dei rifiuti per l’industria manifatturiera del Paese, pari a un incremento medio di oltre il 40% negli ultimi due anni.
Questa è la stima che emerge dallo studio ‘I rifiuti speciali e la competitività del sistema delle imprese’, realizzato da Ref ricerche in collaborazione con la Fondazione Utilitatis, e presentato da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) alla Fiera di Rimini nel corso della giornata di apertura di Ecomondo.
Alla base di questo aumento “significativo” dei costi, che hanno pesato sull’equilibrio domanda-offerta nel mercato dei rifiuti speciali, le difficoltà nello smaltimento dei rifiuti e l’ampliamento dei tempi di ritiro da parte degli smaltitori, dovute alla carenza impiantistica, che a fronte di una domanda crescente vede un’offerta sempre più limitata che per essere soddisfatta deve ricorrere anche ad impianti esteri. Per questo Utilitalia propone di istituire una “strategia nazionale che definisca le tappe per la transizione verso l’economia circolare” spiega il vicepresidente Filippo Brandolini a Ecomondo. Strategia che deve andare di pari passo con la necessità di “realizzare impianti, anche meglio distribuiti sul livello nazionale, perchè il trasporto dei rifiuti è un altro elemento critico che incide sulle performance ambientali”.
A tal proposito, secondo Brandolini è importante “ricostruire un contesto sociale con i cittadini verso le istituzioni”, perchè gli impianti, “che spesso sono osteggiati e definiti ‘mostri’ dalla popolazione locale, non per pregiudizio ma perchè spesso sono veicolate informazioni sbagliate”, sono “fondamentali per l’economia circolare”, suggerendo quindi il ripristino di una “corretta informazione scientifica e tecnica su queste tipologie di impianti”. Tra le cause che mettono in evidenza la fragilità del sistema di gestione, lo studio ne mette in evidenza alcune in particolare: il forte aumento della produzione di rifiuti speciali nel triennio 2016-2018; la chiusura del mercato cinese alle importazioni di rifiuti (plastica riciclabile, residui tessili e carta di qualità inferiore) nel gennaio del 2018; la sentenza del Consiglio di Stato del febbraio del 2018 che ha bloccato l’End of Waste, fermando l’intera filiera dell’economia circolare; lo stop ai fanghi di depurazione in agricoltura e anche l’incremento della raccolta differenziata, in particolare nel Mezzogiorno, che ha aumentato notevolmente la necessità di smaltimento degli scarti provenienti dal riciclo.
A pagare per questi squilibri, senza una presa in carico da parte delle Istituzioni, spiega lo studio, è soprattutto la competitività dell’intero sistema delle imprese, con aggravi di costo che finiranno per ripercuotersi sui prezzi dei prodotti acquistati dalle famiglie e sull’occupazione, e in ultimo nella delocalizzazione delle attività maggiormente esposte. “Occorre ripensare profondamente la gestione dei rifiuti del Paese– dichiara Filippo Brandolini, vice presidente di Utilitalia- superando il dualismo tra rifiuti urbani e speciali, realizzando gli impianti necessari, per assicurare uno sbocco allo smaltimento in prossimità, almeno ai rifiuti che non presentano necessità di impianti dedicati e specifici”.
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