Una sostanza così poco utilizzata e di nuova generazione per essere riscontrata in queste quantità nel fiume più grande d’Italia fa supporre che si possano trovare a monte fonti di inquinamento importanti.
Nei monitoraggi delle acque superficiali del 2019 Arpav ha ampliato il pannello degli acidi perfluoroalchilcarbossilici e perfluoroalchilsolfonici, aggiungendo la sostanza perfluorurata cC6O4. Tale decisione è stata presa nell’ambito della Commissione Ambiente e Salute della Regione del Veneto.
Il composto cC6O4 appartiene alla categoria generale dei PFAS. E’ censito con il numero CAS 1190931-27-1 nel database globale dei PFAS dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mondiale che attualmente annovera 4730 sostanze poli- e per-fluoroalchiliche. Per la sostanza cC6O4 non esiste uno standard commerciale il che comporta, dal punto di vista analitico, che la determinazione debba essere considerata “semi-quantitativa”, con un elevato grado di incertezza circa l’esatta concentrazione di sostanza presente nei campioni analizzati. Nei monitoraggi dell’anno corrente, a inizio marzo, le analisi di un campione di acqua superficiale della stazione di Corbola, nel fiume Po, prelevate da tecnici Arpav, hanno evidenziato la presenza della sostanza cC6O4 in concentrazione pari a 42 ng/L (nanogrammi/litro). Contestualmente personale dell’ULSS 5 “Polesana” ha effettuato un campionamento di acqua potabile nel punto della rete di monitoraggio di San Basilio Ariano, in provincia di Rovigo, richiedendo espressamente la determinazione delle sostanze perfluorurate ed anche in questo campione si è evidenziata presenza del cC6O4 in concentrazione stimata pari a 65 ng/L. Per quanto riguarda le fonti di pressione che possano avere generato l’immissione nel fiume Po della sostanza cC6O4, prevalentemente utilizzata nella produzione industriale di materie plastiche e derivati, sono in corso le indagini e le opportune verifiche.
L’inquinante emergente in questione era in passato stato ritrovato nelle acque contaminate nei pressi dello stabilimento della Miteni, che lo utilizzava nel processo produttivo a sostituzione dei PFAS tradizionali. Ma si è ritenuto di ricercarlo nell’ambiente per verificare la presenza da altre possibili fonti.
Considerato che, data l’ubicazione dei punti di campionamento, risulti pressoché impossibile che derivi dal sito inquinato nell’area dell’azienda Miteni, il composto quasi sicuramente deriva dalle regioni del bacino padano a monte idraulico delle prese in cui è stata ritrovata la sostanza con una concentrazione di circa 80 nanogrammi/litro. Ricordiamo, infatti, che la stazione è ubicata in prossimità di Castelmassa, al confine con Lombardia ed Emilia.
Una sostanza così poco utilizzata e di nuova generazione per essere riscontrata in queste quantità nel fiume più grande d’Italia fa supporre che si possano trovare a monte fonti di inquinamento importanti.
Si ricorda che per questa sostanza di nuova generazione gli standard analitici commerciali non sono disponibili e le analisi, ad oggi, sono sperimentali.
Per questo motivo la Regione del Veneto sta predisponendo una segnalazione alle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte riguardo a questo ritrovamento.
Non essendovi limiti europei e nazionali, per motivi precauzionali il gestore della rete idropotabile Acque Venete ha già ordinato nuove batterie di filtri.
Queste azioni sono rese possibili anche grazie all’attività che la Giunta Regionale ha impostato già un anno e mezzo fa, con la Dgr 2232 del 2017, richiedendo a tutti i gestori della rete idropotabile di studiare sistemi di abbattimento da implementare qualora si trovassero ad affrontare situazioni impreviste come questa.
In merito alla comunicazione il Presidente della Regione ha commentato: “Questa è la conferma che la questione PFAS è un tema che interessa tutto il Paese, ed è una primaria questione ambientale nazionale. Per questo motivo è necessario che il Governo, come ha già fatto il Veneto da tempo, intervenga fermamente, ponendo limiti zero. Invitiamo, quindi, il Ministero dell’Ambiente a muoversi sulla linea già tracciata dalla nostra Regione, agendo il più rapidamente possibile. Ciò a tutela della popolazione non solo delle aree interessate da questo tipo di inquinamento in Veneto, ma di tutti i cittadini del nostro Paese”.