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La vicenda ecoballe in Campania

Riportiamo uno stralcio del Rapporto della Commissione d'Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti relativo alla questione ecoballe in Campania.

La vicenda ecoballe in Campania

La relazione conclusiva  è stata presentata il 1 Marzo 2018 e approvata dalla Commissione nella seduta del 28 febbraio 2018: 

La “vicenda ecoballe” rappresenta l’emblema della situazione emergenziale campana; una emergenza che continuerà a rinnovarsi sino a quando 5.300.000 tonnellate di rifiuti stoccate in balle e depositate nei siti non saranno definitivamente rimosse.
La Commissione ha cercato di acquisire nel corso dell'inchiesta alcuni dati di assoluta novità.
Nel ricostruire quale sia l’attuale stato della gestione straordinaria delle ecoballe, non solo ha individuato quali siano attualmente i siti di stoccaggio in regione Campania sui quali insistono le ecoballe, quante ne sono state già smaltite e quante sono ancora da smaltire. Ha individuato quali siano stati e quali siano i proprietari dei siti sui quali le ecoballe sono stoccate, quali siano i canoni di locazione che i soggetti percepiscono o hanno diritto a percepire, a quanto ammonta il canone di locazione e se questo sia rappresentato ancora dai canoni convenuti con Fibe nel periodo emergenziale o se gli stessi siano stati oggetto di una eventuale rinegoziazione. E ha dovuto quindi comprendere chi fossero i soggetti, le società  provinciali, che “gestiscono” attualmente questa eredità emergenziale e in che modo questi procedono alla gestione di una situazione che ha perso ogni caratteristica di straordinarietà per divenire ordinaria.

La Commissione ha in questo modo cercato di comprendere quanto “costa” ancora alla regione Campania la vicenda ecoballe, non solo avuto riguardo alla procedura di infrazione europea che ci condanna al pagamento di pesanti sanzioni, ma proprio con riferimento ai costi di occupazione dei suoli e di manutenzione dei siti in relazione allo smaltimento del percolato.

Nella gestione della intera vicenda sicuramente uno spartiacque è rappresentato dall’anno 2015, in ragione dell’approvazione del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, che ha disposto un piano straordinario di rimozione.
Il dato che rileva è che alla data dell'anno 2015, su una quantità di 5.669.770,93 tonnellate di rifiuti stoccati in balle, ne erano stati rimossi solo circa 200.000 tonnellate: quantità rimossa da considerarsi davvero minima, rappresentando, infatti, soltanto il 3,7 per cento di quella originariamente stoccata.
Su espressa richiesta del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio era stato creato un gruppo per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di gestione  delle ecoballe stoccate nella regione Campania. In estrema sintesi, il gruppo di lavoro, valutando una serie di fattori, aveva nell’anno 2014 analizzato pregi e difetti dei possibili scenari di smaltimento, ravvisando nel trattamento termico delle ecoballe in un impianto dedicato di incenerimento con recupero energetico e, in particolare in un forno a griglia con produzione di energia elettrica, l'alternativa più sostenibile sotto l'aspetto sia tecnico-economico che ambientale.
Non è stata questa la scelta adottata dall’amministrazione regionale “De Luca”. All’inizio del 2016 la regione ha dichiarato che il programma di smaltimento delle ecoballe andava sostanzialmente articolato su tre direttrici equivalenti dal punto di vista della quantità di ecoballe da smaltire: la prima atteneva al trasferimento dei rifiuti fuori regione, la seconda prevedeva la trasformazione degli stessi in combustibile secondario da rifiuti, con un potenziamento degli impianti STIR, e la terza atteneva al recupero di materia delle ecoballe per percentuali variabili nell’impianto STIR di Giugliano ed in quello di Caivano a seguito di un opportuno revamping degli impianti, oltre un possibile utilizzo delle balle stesse per ricomporre morfologicamente le cave dismesse.
L’assessore Bonavitacola, nella recente audizione del 27 ottobre 2017, ha tuttavia rivisitato, rispetto a quanto dichiarato dal Presidente De Luca, l’orientamento della regione Campania sulle modalità di smaltimento delle ecoballe: in particolare, a prescindere dalla quota da trasferire fuori regione (pari a circa il 20 per cento del totale), il restante 80 per cento dovrebbe essere eliminato ricorrendo alla  produzione di combustibile solido secondario (mediante la costruzione di un apposito impianto nello STIR di Caivano) ed al recupero di materia (grazie alla previsione di un impianto a Giugliano), sembrando così venir meno l’originaria ipotesi di utilizzare gli impianti Stir esistenti.
Ad oggi la struttura di missione per lo smaltimento dei RSB, istituita successivamente con decreto del Presidente della Giunta regionale n. 224 del 6 novembre 2015, avente come obiettivo primario la rimozione di tutti i rifiuti stoccati in balle nel territorio della regione Campania e la bonifica degli stessi siti una volta liberati dai rifiuti, ha elaborato il primo stralcio operativo di interventi di rimozione, trasporto, smaltimento in ambito comunitario e/o recupero in ambito nazionale e comunitario di rifiuti imballati e stoccati presso otto siti ricompresi nei territori delle cinque province della regione per circa 800.000 tonnellate attraverso una procedura di gara suddivisa negli otto lotti come determinati nello stralcio operativo per la rimozione, trasporto e smaltimento delle ecoballe. Dopo due procedure di gara i lotti, ad eccezione di uno solo di essi, sono stati aggiudicati. Nonostante gli sforzi della regione Campania, tuttavia, allo stato, la situazione rimane critica: la quantità effettivamente rimossa al momento, pari a 104.650 tonnellate, appare decisamente minimale rispetto all’enorme stock di ecoballe ancora giacente nei rispettivi siti. Tuttavia, stando almeno alle rassicurazioni fornite e alle iniziative intraprese, ci si aspetta, nel breve termine, la rimozione dei rifiuti già aggiudicata per circa 856.937 tonnellate.

Il dato ulteriormente interessante è quello dei costi sino ad ora maturati per la locazione/occupazione dei terreni. Senza pretesa di esaustività e con tutte le riserve del caso legate alla parzialità e disomogeneità dei dati acquisiti, alla presunzione nella determinazione degli importi, all’incertezza sull’effettiva corresponsione delle indennità, nonché all’esito dei numerosi contenziosi in corso, il risultato dei costi sostenuti, seppure parziale e sottostimato, è tuttavia eloquente: la spesa finora sostenuta per l’utilizzazione dei siti dove sono stoccate le ecoballe ammonta a quasi 24 milioni di euro. Il dato è sottostimato perché le società provinciali non hanno fornito indicazioni in relazione a quei siti in cui le ecoballe erano già state rimosse ed i in relazione alle quali non è stato fornito il costo eventualmente sostenuto e in relazione ad alcuni siti comunque non sono state in grado di fornire tutti i dati necessari.

Ma l’altro dato egualmente preoccupante o comunque “anomalo“ è che non tutte le società provinciali che alla data del 1° gennaio 2010 hanno ricevuto in gestione i siti di stoccaggio hanno adottato comportamenti omogenei con una conseguente varietà di “prassi” che riesce difficile comprendere.
Con riferimento alle due società provinciali che sono maggiormente interessate  all’attività, in ragione della dislocazione nei territori di loro competenza dei principali siti di stoccaggio e dunque, la società Sapna spa per Napoli e la società Gisec SpA per Caserta va infatti evidenziato che la Sapna, subentrata nei rapporti ex Fibe, a partire dal 2013, ha provveduto a regolarizzare - nella maggior parte dei casi - la propria posizione contrattuale, addivenendo a transazioni economiche anche per il periodo intercorrente dal 1° gennaio 2010 (inizio della competenza nella gestione dei siti da parte delle province), alla nuova negoziazione, transazioni di cui non sempre sono stati forniti i dettagli finanziari. Tuttavia, a seguito delle rinegoziazioni, Sapna corrisponde generalmente i canoni ai soggetti proprietari.
A differenza di quanto avvenuto in provincia di Napoli, la Gisec SpA e l’amministrazione provinciale di Caserta non hanno proceduto ad alcun esborso finanziario, né provveduto a regolarizzare o modificare i rapporti giuridici già sottoscritti da Fibe SpA o Fibe Campania SpA.
Per quanto riguarda le pretese di pagamento avanzate dai proprietari dei terreni adibiti a siti di stoccaggio delle ecoballe, la provincia di Caserta, attraverso la direzione generale dell'ente, ha affrontato vari contenziosi con questi ultimi, sia in termini stragiudiziali, partecipando ai previsti arbitrati con propri rappresentanti, e sia in termini giudiziali, essendo ancora in atto vari giudizi innanzi agli organi competenti. Analoghe interlocuzioni ed azioni di rivalsa sono in corso nei confronti della Fibe a parere della provincia, “unica responsabile di tutta la vicenda”.
L’ulteriore approfondimento in ordine alla individuazione dei proprietari dei siti ha cercato di dare una risposta obiettiva ai tanti interrogativi che sono nati intorno alla scelta degli stessi. In alcuni casi, come il processo “Fabozzi” ha rivelato, sono emersi chiari interessi legati alla criminalità organizzata; la Commissione ha cercato di meglio comprendere, sul versante investigativo, chi fossero coloro che avevano concesso in locazione i loro terreni. Ma la Commissione ha analizzato ulteriori costi e precisamente quelli relativi allo smaltimento del percolato proveniente dai siti di stoccaggio e di cui si occupano le società provinciali nella loro attività di manutenzione dei siti. Nel triennio di osservazione del lavoro di inchiesta 2014/2017 il costo sostenuto complessivamente da tutte le società provinciali è pari a 9.000.000 di euro.

Dunque, nonostante gli apprezzabili sforzi, risultati positivi sul tema del ciclo straordinario appaiono al momento lontani: il problema del mancato smaltimento non solo costituisce in sé una seria criticità, ma porta con sé costi costanti e serie voci di spesa per le società provinciali e quindi per la collettività intera.
Da ultimo la Commissione non ha mancato di investigare un altro aspetto del periodo emergenziale e precisamente quello relativo alle discariche costruite nella fase dell’emergenza, attraverso l’attività dell’UTA (unità tecnica amministrativa) destinata a completare le attività avviate dalle pregresse gestioni commissariali per l'emergenza rifiuti nella regione Campania, e prorogata fino al 31 dicembre 2018.
Ancora una volta il dato della attuale esistenza dell’UTA è motivo di riflessione in ordine alla emergenza infinita e alla anomala sopravvivenza attraverso reiterate proroghe di organismi che avrebbero dovuto cessare di esistere ormai da molto tempo. Il dato fornito da UTA in relazione ai proprietari dei suoli sui quali sono sorte le discariche del periodo emergenziale può essere sicuramente fonte di ulteriori approfondimenti investigativi.




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