Si rafforzano i controlli sulla radioattività ambientale in Italia
Entro il 2018 il recepimento delle nuove Direttive UE sulla prevenzione dei rischi da radiazioni ionizzanti.
Si potenzia la rete di sorveglianza RESORAD (REte nazionale di SOrveglianza della
RADioattività ambientale) e, seguendo le “Linee guida sul monitoraggio della radioattività” prodotte nel 2012 dal Sistema Nazionale della Protezione dell’Ambiente, si forniscono gli indirizzi tecnici per controlli condivisi.
La Rete si avvale dei rilevamenti e delle misure effettuate da tutte le Agenzie regionali e provinciali per la protezione ambientale (ARPA APPA), dalla Croce Rossa Italiana e dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS), per un totale di 33 laboratori che producono in media 12.000 dati per anno, di cui circa il 30% sono campioni alimentari e il 70% ambientali.
Le funzioni di coordinamento tecnico di questa rete sono affidate all’ISPRA, al fine di assicurare l’omogeneità dei criteri di rilevamento, delle modalità di esecuzione dei prelievi e delle misure.
Fin dagli anni ’50, attraverso il Trattato EURATOM dei Paesi Membri dell’Unione Europea, è sancita la necessità di un sistema di sorveglianza della radioattività che sia in grado di dare risposte efficaci e tempestive in caso di eventi incidentali straordinari. L’incidente nucleare di Chernobyl del 1986 e il più recente episodio di Fukushima del 2011, come anche l’uso di sorgenti per scopi medico-diagnostici nell’industria e nella ricerca scientifica hanno reso ancor più indispensabile tale
controllo. Nel caso di Fukushima, la rete fornì circa 3000 misure a partire dall’evento e nei due mesi successivi, per un totale di 1.500 misurazioni in più rispetto al normale programma di monitoraggio.
Lo scorso 17 gennaio 2014 è stata pubblicata la nuova Direttiva EURATOM n. 59 sulle norme di sicurezza per la protezione dalle radiazioni ionizzanti, che dovrà essere recepita a livello nazionale entro il 2018; oltre a stabilire le norme fondamentali di sicurezza sulla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, la Direttiva regolamenta, per la prima volta, l’esposizione al radon nelle abitazioni.
Ad oggi, in Italia, l’esposizione più rilevante della popolazione alle radiazioni ionizzanti (in assenza di eventi incidentali) resta però quella naturale. Il radon - gas naturale radioattivo, presente ovunque nei suoli ed in alcuni materiali impiegati in edilizia - rappresenta in assoluto la principale fonte di esposizione a radiazioni ionizzanti per la popolazione: all’aria aperta si disperde rapidamente non raggiungendo quasi mai concentrazioni elevate, mentre nei luoghi chiusi (case, scuole, ambienti di lavoro, etc.) tende ad accumularsi fino a raggiungere, in particolari casi, concentrazioni ritenute inaccettabili in quanto causa di un rischio eccessivo per la salute.
L’esposizione al gas radon avviene prevalentemente negli ambienti residenziali e nei luoghi di lavoro; la concentrazione media in Italia è superiore alle medie europea e mondiale. Lazio, Lombardia, Campania e Friuli Venezia Giulia sono le regioni con le concentrazioni medie maggiori. Un efficiente e tempestivo sistema di sorveglianza si rende dunque necessario non solo nelle Regioni maggiormente esposte, ma su tutto il territorio nazionale.
“La rete di monitoraggio sulla radioattività – spiega il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti - rappresenta una garanzia per i cittadini e per il nostro territorio, perché consente di definire attraverso parametri tecnico-scientifici il livello di sicurezza dell’acqua e degli alimenti, ma anche la qualità dell’aria. É uno strumento che contribuisce anche a un cambiamento, che va fatto prima di tutto a livello culturale, nell’approccio a questo tema come a tutti i problemi ambientali: dall’allarmismo alla certezza scientifica”.