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Il recupero dei rifiuti

Il presente articolo costituisce estratto del volume:“La gestione dei rifiuti dopo il Dlgs 205/2010, ed. Maggioli, aprile 2011.

Introduzione

Dopo le rilevanti modifiche introdotte dal decreto legislativo 4/2008, entrato in vigore il giorno 13 febbraio 2008, la parte quarta del Dlgs 152 del 2006 (a partire dall’art. 177), recante norme in materia di “Gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”, è stata ulteriormente e  radicalmente modificata dal DECRETO LEGISLATIVO 3 dicembre 2010 , n. 205 “Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre”, pubblicato sul Supplemento ordinario n. 269/L alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 288 del  10-12-2010, entrato in vigore il 25 dicembre 2010. Come risulta già dal titolo del nuovo decreto, esso costituisce il recepimento, nell’ordinamento giuridico nazionale,  della “Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008 , relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”, il cui termine di recepimento da parte degli Stati membri  è fissato al 12 dicembre 2010.

La Direttiva che è stata recepita dal Dlgs 205 possiede, a differenze delle previgenti, caratteri altamente innovativi sotto molti profili. E’ la Direttiva stessa ad affermare, nei propri “consideranda”, che: “8 - E'…necessario procedere a una revisione della direttiva 2006/12/CE per precisare alcuni concetti basilari come le definizioni di rifiuto, recupero e smaltimento, per rafforzare le misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti, per introdurre un approccio che tenga conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, non soltanto della fase in cui diventano rifiuti, e per concentrare l'attenzione sulla riduzione degli impatti ambientali connessi alla produzione e alla gestione dei rifiuti, rafforzando in tal modo il valore economico di questi ultimi. Inoltre, si dovrebbe favorire il recupero dei rifiuti e l'utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali. Per esigenze di chiarezza e leggibilità, la direttiva 2006/12/CE dovrebbe essere abrogata e sostituita da una nuova direttiva.

La nozione di recupero nel testo vigente del dlgs 152 del 2006

Come già rilevato, il Dlgs 205/2010 ha profondamente modificato  l’art.183, anche in relazione alla nozione di recupero, che viene attualmente definita:

“t) recupero: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare   funzione  o  di  prepararli  ad  assolvere  tale  funzione,  all'interno  dell'impianto  o nell'economia in generale. L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.;”.

Tale nozione è assolutamente identica a quella contenuta nella direttiva comunitaria 98/2008 che definisce, all’art. 3:

"recupero" : qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale.                                                                     L'allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;”.

La direttiva recepisce le indicazioni fornite dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di distinzione tra “attività di smaltimento dei rifiuti”“attività di recupero  dei rifiuti”. Tale distinzione era stata delineata in maniera chiara dalla Corte di Giustizia a partire dalla Sentenza del 19 giugno 2003, dove è stato affermato che:

“La caratteristica essenziale di un'operazione di recupero di rifiuti consiste nel fatto che il suo obiettivo principale è che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sostituendosi all'uso di altri materiali che avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale funzione, il che consente di preservare le risorse naturali(sentenza 27 febbraio 2002, causa C-6/00, ASA).”

Nel  testo della nuova direttiva il rinvio all’elenco (meramente esemplificativo) delle operazioni di recupero (contenuto nell’Allegato II) non è più il fulcro della nozione di “recupero” . Dunque è recupero, in primo luogo, qualsiasi operazione:

a) il cui  principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile,

b) sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione,

b1) all'interno dell'impianto o

b2) nell'economia in generale.

Il medesimo articolo 183 del Dlgs 152/2006 e s.m. definisce inoltre le altre attività appartenenti alla famiglia del recupero nel modo seguente:

“q) preparazione per il riutilizzo:  le operazioni di

1) controllo, 2) pulizia,  3) smontaggio e 4) riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;” 

Anche la nozione di "preparazione per il riutilizzo"è  aderente a quella comunitaria, con la sola aggiunta nell’elenco delle operazioni dello “smontaggio”.

Tale nozione è forse la più innovativa tra quelle introdotte dal Dlgs 205/2010, nel recepimento della direttiva 98/2008. La nozione di cui sopra dichiara l’esistenza di quattro[1] tipologie di operazioni, che pur non comportando uno specifico trattamento sui rifiuti od una sostanziale trasformazione degli stessi, consentono a tali rifiuti di ritornare  “prodotti” , esattamente come sono le M.P.S. nel regime transitorio previsto dall’art.183-ter (su cui vedi il capitolo 1) e come lo saranno quei rifiuti che, a regime, possiederanno le caratteristiche della “Cessazione della qualifica di rifiuto”, di cui al medesimo articolo.

Appartengono inoltre alla grande famiglia delle operazioni di recupero anche le seguenti attività:

“u) riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il  recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;”

v) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;

Anche se non appartenente alla famiglia del recupero è bene ricordare in questa sede anche la nozione di r) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;”.

La nozione di cui sopra si riferisce al reimpiego, per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti, di prodotti o componenti che non sono rifiuti, compresi ovviamente i “sottoprodotti”. Anche per essi si parla infatti di “riutilizzo”. 

Nozione di recupero nel testo previgente

L’art. 183, nel testo originario del decreto (entrato in vigore aprile 2006) , aveva fornito, per la prima volta, una nozione di recupero, che non era un mero rinvio all’elencazione esemplificativa contenuta nell’allegato C alla parte quarta del decreto stesso (omologo all’Allegato C del Dlgs 22 del 1997). In quel testo di leggesi definiva : lett. h) “recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e in particolare, le operazioni previste nell’allegato C alla parte  quarta del presente decreto;”

La Commissione Europea ha sempre ritenuto contrario alle norme comunitarie considerare la mera cernita come operazione di recupero. Dunque secondo la Commissione , diversamente da quanto stabilito dal legislatore italiano nel  testo del 2006, un rifiuto sottoposto alla mera cernita rimane un rifiuto.

Inoltre la giurisprudenza comunitaria ha affermato che “..i rifiuti industriali restano tali anche se sottoposti a cernita o trattamento e perdono tale qualifica solo quando costituiscono il prodotto finito del processo di trasformazione cui sono destinati” (Sentenza Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sez. II, 11 novembre 2004, proc. C-457/02, Niselli).

Il Dlgs 4/2008 ha poi  riportato la nozione di “recupero” nell’ambito della normativa comunitaria, definendo:“h)  recupero:  le  operazioni previste  nell’allegato  C alla   parte   quarta   del presente decreto;”ed eliminando così la possibilità di considerare m.p.s. un rifiuto che sia stato oggetto di una mera attività di cernita, salvo che la stessa non sia espressamente contemplata come generatrice di m.p.s. dal D.M. 5/2/98 e S.M. .

Come abbiamo visto sopra il legislatore comunitario, nella direttiva 98/2008,  ha poi modificato il proprio punto di vista in merito alle attività di recupero, modificando profondamente la nozione previgente.

CASO DI STUDIO: La sentenza Corte di Giustizia delle Comunità europee del 19 giugno 2003

Per chi volesse approfondire la questione attinente alla differenza tra le attività di recupero e quelle di smaltimento riassumerò di seguito la  cit. Sentenza  della Corte di giustizia del  19 giugno 2003, da cui ha preso le mosse la nuova nozione di recupero.

Essa è stata pronunciata nell’ambito del procedimento C-444/00, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'articolo 234 Ce, dalla High Court of Justice (England & Wales), nella causa dinanzi ad essa pendente tra la Mayer Parry Ltd e Environment Agency, Secretary of State for the Environment, domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 75/442/Cee, relativa ai rifiuti, nonché della direttiva 94/62/Ce, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio .
In sintesi i fatti oggetto della controversia sono i seguenti.

La Mayer Parry è una società specializzata nel trattamento dei rifiuti contenenti metallo per renderli utilizzabili dalle acciaierie per la produzione dell'acciaio. Essa si procura rifiuti contenenti metallo, fra cui rifiuti di imballaggio, in particolare di origine industriale. Tali rifiuti  hanno un valore commerciale e la Mayer Parry generalmente deve acquistarli. Essa raccoglie, ispeziona, controlla la radioattività, smista, pulisce, taglia, separa e frantuma (riduce in frammenti) tali rifiuti. Mediante questo processo la Mayer Parry trasforma rifiuti contenenti metallo ferroso in un materiale dalle specifiche del grado 3B (in prosieguo: il "materiale del grado 3 B)". Essa vende tale materiale ad acciaierie che lo utilizzano per la produzione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio.
Nel novembre 1998 la Mayer Parry ha presentato all'Ea una domanda di accreditamento come trasformatore (cioè, nella legislazione britannica, soggetto che svolge attività di recupero). Con decisione 15 novembre 1999, l'Ea ha rifiutato di accogliere tale domanda.

La Mayer Parry ha quindi proposto alla High Court of Justice, un ricorso per "judicial review" (controllo di legittimità) per ottenere in particolare l'annullamento di tale decisione nonché la dichiarazione che le sue attività costituiscono operazioni di recupero e riciclaggio ai sensi della direttiva 94/62. La High Court of Justice, ritenendo che la causa di cui è investita necessiti dell' interpretazione della normativa comunitaria, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"Nel caso in cui un'impresa tratti materiali di imballaggio, metalli ferrosi inclusi, che (quando ricevuti da quella impresa) costituiscono rifiuti ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva  75/442/Cee relativa ai rifiuti, smistandoli, pulendoli, tagliandoli, frantumandoli, separandoli e/o imballandoli in modo tale da rendere questi materiali adatti ad essere utilizzati come materia base nella fornace, per produrre lingotti, lamiere o bobine di acciaio:
1. Se questi materiali debbano considerarsi riciclati e cessino di essere rifiuti, ..qualora siano stati:
a. resi adatti ad essere utilizzati come materia base, o
b. utilizzati da un produttore di acciaio per la produzione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio.
2. Se questi materiali debbano considerarsi come riciclati, ai fini della direttiva 94/62/Ce sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, qualora siano stati:
a. resi adatti ad essere utilizzati come materia base, o
b. utilizzati da produttori di acciaio per produrre lingotti, lamiere o bobine di acciaio".
La Corte si preoccupa di delineare i rapporti tra direttiva-quadro sui rifiuti e direttiva imballaggi.A tale proposito essa afferma che poiché i rifiuti di imballaggio sono rifiuti ai sensi della direttiva 75/442, quest'ultima continua ad essere applicabile a questo tipo di rifiuti ove la direttiva 94/62 non disponga diversamente.Ma la direttiva 94/62 va considerata una legge speciale (lex specialis) rispetto alla direttiva 75/442 cosicché le sue disposizioni prevalgono su quelle di quest'ultima direttiva nei casi che essa intende specificamente disciplinare.
Come ricordato la controversia riguarda il problema del se la Mayer Parry, producendo il materiale di grado 3 B, compie un'operazione di riciclaggio che le consenta di essere accreditata come "trasformatore". Tale controversia riguarda quindi, in primo luogo, la nozione di riciclaggio relativamente ai rifiuti di imballaggio.

Per rispondere a tale questione, occorre, in primo luogo, interpretare la nozione di "riciclaggio", come definita all'articolo 3, punto 7, della direttiva 94/62 e, in secondo luogo, accertare se la produzione di materiale di grado 3 B o la fabbricazione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio da rifiuti di imballaggio contenenti metallo siano da qualificare come "riciclaggio".
Dalle disposizioni delle direttive 75/442 e 94/62 risulta che il riciclaggio è una forma di recupero. La caratteristica essenziale di un'operazione di recupero di rifiuti consiste nel fatto che il suo obiettivo principale è che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sostituendosi all'uso di altri materiali che avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale funzione, il che consente di preservare le risorse naturali (sentenza 27 febbraio 2002, causa C-6/00, ASA). Pertanto il riciclaggio come forma di recupero dovrà perseguire i medesimi obiettivi.
La definizione di riciclaggio di cui all'articolo 3, punto 7, della direttiva 94/62 enuncia gli elementi costitutivi di una operazione del genere, ossia ritrattamento di rifiuti in un processo di produzione per la loro funzione originaria o per altri fini, escluso il recupero di energia.

In base alla definizione di riciclaggio, il rifiuto di imballaggio deve essere sottoposto a "un ritrattamento in un processo di produzione". Un processo del genere implica che il rifiuto di imballaggio deve essere manipolato per produrre un nuovo materiale o per fabbricare un prodotto nuovo. In questo senso, il riciclaggio si distingue nettamente da altre operazioni di recupero o di trattamento dei rifiuti previsti dalla normativa comunitaria, quali il recupero di materie prime e di composti di materie prime (v. punti R 3-R 5 dell'allegato II B della direttiva 75/442), il pretrattamento, il miscuglio o altre operazioni che mutano solo la natura o la composizione di detti rifiuti [v. articolo 1, lettera b), della direttiva 75/442].
Inoltre, un rifiuto può essere considerato riciclato solo se è stato sottoposto a un ritrattamento tale da ottenere un materiale nuovo o un prodotto nuovo "ai fini della sua funzione originaria". Ciò significa che il rifiuto deve essere trasformato nel suo stato originario per poter, eventualmente, essere utilizzato per una identica funzione a quella che aveva inizialmente il materiale all'origine del rifiuto. In altri termini, un rifiuto di imballaggio contenente metallo deve essere considerato riciclato quando è stato sottoposto a un ritrattamento nell'ambito di un processo finalizzato alla produzione di un nuovo materiale o a fabbricare un prodotto nuovo dalle caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui era costituito il rifiuto, per poter essere riutilizzato per la produzione di imballaggi contenenti metallo.
 Sostiene dunque la Corte che la definizione di riciclaggio di cui all'articolo 3, punto 7, della direttiva 94/62 va interpretata nel senso che il ritrattamento dei rifiuti di imballaggio deve consentire di ottenere un materiale nuovo o un prodotto nuovo, dalle caratteristiche paragonabili a quelle del materiale da cui derivano, poichè in tal modo  si assicura un elevato livello di tutela dell'ambiente ed è solo in questa fase che i materiali in questione cessano di essere qualificati come rifiuti di imballaggio e che, pertanto, i vari controlli sui rifiuti previsti dal legislatore comunitario perdono la loro ragion d'essere. Una tale interpretazione risponde anche alle esigenze di chiarezza e di uniformità connesse agli obiettivi della direttiva 94/62 riguardo al buon funzionamento del mercato interno, consistenti in particolare nella prevenzione degli ostacoli agli scambi e delle distorsioni di concorrenza.
Dopo aver così chiarito la nozione di riciclaggio, la Corte verifica se il materiale di grado 3 B, quale quello prodotto dalla Mayer Parry, possa considerarsi rientrante in tale nozione.
Sotto tale profilo afferma che “la produzione di materiale di grado 3 B non costituisce un ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti metallo per ripristinare lo stato iniziale di tale materiale, cioè l'acciaio, e riutilizzarlo conformemente alla sua funzione originaria, ovvero la lavorazione di imballaggi contenenti metallo, o per altri fini. In altri termini, i rifiuti di imballaggio contenenti metallo ritrattati dalla Mayer Parry non sono sottoposti a un ritrattamento nell'ambito di un processo di produzione che conferisce al materiale di grado 3 B caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui l'imballaggio metallico era costituito. Infatti, il materiale di grado 3 B è un miscuglio contenente, oltre ad elementi ferrosi, impurità (dal 3% al 7% secondo le differenti parti) come vernici e oli, sostanze non metalliche e elementi chimici non desiderati, che devono essere ancora eliminati in vista dell'impiego nella produzione dell'acciaio. Il materiale di grado 3 B non è quindi direttamente utilizzabile per la fabbricazione di nuovi imballaggi contenenti metallo.Ne consegue che il detto materiale, prodotto dalla Mayer Parry, non può essere considerato un rifiuto di imballaggio riciclato.”

La Corte prosegue la propria indagine poi per “accertare se l'utilizzo del materiale di grado 3 B nella produzione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio si possa definire un'operazione di riciclaggio di rifiuti di imballaggio.” E conclude sul punto che “Effettivamente è così, poiché il processo di produzione di cui trattasi sfocia nella fabbricazione di nuovi prodotti, cioè lingotti, lamiere o bobine di acciaio, con caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui erano originariamente costituiti i rifiuti di imballaggio e che si possono impiegare per la medesima funzione iniziale cui era desinato il materiale originario, vale a dire per gli imballaggi metallici, o per altri scopi.”
Alla luce di tali argomentazioni la Corte conclude che “ occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale nel senso che la nozione di "riciclaggio" di cui all'articolo 3, punto 7, della direttiva 94/62 deve essere interpretata nel senso che essa non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti metallo quando questi sono trasformati in materia prima secondaria, come il materiale di grado 3 B, ma riguarda il ritrattamento di tali rifiuti quando sono utilizzati per la fabbricazione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio.”



[1] Solo tre nella norma comunitaria.

 

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